IL MANTELLO DI VELLUTO ROSSO
VENERDI 15 DICEMBRE 2017
Il mantello di velluto rosso
E poi ci sono
quei momenti in cui devi fermarti e dare da mangiare al tuo fottuto demone.
Quella parte
del tuo IO che ti spinge a lottare, a
non mollare mai, a rialzarti dopo aver preso un sacco di botte, pronto per
prenderne tante altre, pronto a pasteggiare
sangue e lacrime piuttosto che indietreggiare.
Credo che ognuno
di noi ne abbia uno nascosto chissà dove. Scopri di averne bisogno quando
tocchi il fondo, quando non puoi fare a meno di essere forte.
Il mio demone,
questa sera, si è vestito bene. Gli ho fatto trovare la tavola imbandita per le
feste. Questa notte io e lui abbiamo mangiato gioia.
E’ stato come
dipingere al buio. Hai tutto in mente,
sai che hai da dare, ma non riesci a vedere pienamente ciò che crei finchè è
qualcun altro a riconoscerlo. Finchè non accende la luce.
Questa sera,
sono stato votato dai miei colleghi come il miglior dipendente dell’anno.
Questa sera ho
vissuto uno dei momenti più completi della mia vita.
Quei momenti
che sai che rivivrai ogni volta che ne avrai bisogno. Quei momenti che ti colorano
l’anima.
Il momento di
cui parlo non ha un tempo definito, in realtà non è stato un momento. Sapevo
che il nome del vincitore sarebbe stato svelato durante la festa di Natale.
Sapevo che il mio demone era vestiro per le feste e aspettava il suo cibo. Lo
sentivo ringhiare. Speravo di essere stato riconosciuto come il migliore, ma
avevo paura di crederci veramente. Delle volte, quando voli in alto, se cadi,
ti puoi fare molto male. Lo conosco quel dolore.
Poi, è partita
la classifica dei nominati. Sembrava di essere a San Remo.
Nome dopo nome
il cuore batteva più forte, la salivazione spariva, le mani tremavano.
Poi i nomi
erano terminati. Ne mancava solo uno. Il vincitore.
Un cameriere
vestito di tutto punto bussò alla porta; il demone, seduto ad attenderlo, lo
accolse.
Il vassoio
argentato con coperchio gli venne palesato. La pietanza che stava aspettando
era li dentro. Il cameriere scoperchiò con orgoglio ciò che aveva portato per
quella cena cosi attesa.
Quel nome
risuonò come un gong. DANIELE!
Dolce come quando mia nonna mi chiamava a tavola da bambino, caldo come quando
mia madre e mio padre cercavano a modo loro di spiegarmi la vita, perentorio
come quella volta che il mio migliore amico aveva bisogno di me.
Era il mio nome. Avevo
vinto.
I miei
colleghi mi avevano votato. Avevano scelto me.
Quel momento è
stato e sarà pienamente mio. Come in un film, mi sono passati davanti agli
occhi tutti i 18 mesi del mio percorso. Lacrime, sudore, dolore, gioia, dubbi,
perseveranza, insicurezza, determinazione, amore, passione, analisi, rischi,
parole, pensieri. Tempo, mai abbastanza.
Sono andato a
ritirare il mio premio coperto dagli sguardi di tutti, sentivo i loro occhi su
di me, sentivo lo sguardo di mia moglie coprirmi le spalle, come un mantello di
velluto rosso, sentivo lo sguardo di mio nonno caldo e presente. Dentro me.
Mi sono
sentito accolto, accettato, compreso.
Non so bene come, ma, persino senza parlare, sono “arrivato “alle
persone. Credo che agire come se qualsiasi cosa tu dica o faccia possa fare la
differenza, in realtà la differenza la faccia.
Per questa
sera, e solo per questa sera, il demone è placo. Anche lui si sta gustando
questa magnifica cena. Cibo per l’anima, medicina per le ferite, benzina da
buttare sul fuoco. Ma da domani.
Ora ho spazio
solo per assaporare questo momento, per ammirare alla luce questo mio dipinto,
ancora non concluso, ma solo iniziato. Mi piace, è come lo immaginavo al buio.
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