domenica 22 gennaio 2023

LA TEMPESTA PERFETTA



 LA TEMPESTA PERFETTA



Non sai come e quando ti venga a cercare, ma prima o poi succede. Poco importa se abbia le sembianze della Dea bendata o sia avvolta da mantello di notte senza stelle. Certi appuntamenti non li hai presi te; nascono da qualche parte e da te vengono a morire.

Nonna Lucia mi diceva di cambiarmi le mutande ogni volta che uscivo. Diceva che non si sa mai cosa poteva succedere e che, se fossi andato a finire in ospedale, comunque avrei fatto una bella figura con delle mutande pulite! Fa ridere ‘sta roba, ma la morale e’ che non si sa mai che ti possa succedere… E’ importante farsi trovare pronti e… puliti 😅

Il percorso da vice-referente “diverso” stava prendendo forma. Temevo che essere gentile, garbato e disponibile poteva essere tradotto in debolezza, ma erravo. Stavo sottovalutando il cuore di coloro che avevo accanto. Anche le persone più “ruvide” si lasciarono sciogliere come neve al sole. Raggi di luce, rispetto ed educazione pervasero le loro gelide corazze perlopiù difensive.

Seminai valori uomini e raccolsi uomini di valore.

Questo mi aiuto’ nella gestione di quello che definisco “la tempesta perfetta”.

Il 15 marzo 2021 venne a bussare alla mia porta. Si presento’ come un giorno normale quasi ignaro che sarebbe diventato il mio 11 settembre. Intorno alle 14:00 la pressione sanguigna massima di mia madre balzo' oltre i 240 e qualcosa nel suo cervello non seppe reggere. Fu emorragia interna. Tutto quello che era racchiuso nel suo scrigno magico venne compromesso. Come in Titanic, il mare passo' inesorabile paratie, scompartimenti, pensieri, emozioni, ricordi e coscienza.

La stessa notte, mi ritrovai a Roma insieme a mio fratello e mia zia con mia madre in ospedale e mio padre da tempo invalido e con la mente in un mondo di cui solo lui possedeva le chiavi.


Non sapevamo nulla di come prenderci cura di lui, quali medicine prendesse ne tanto meno di quali cure avesse bisogno e l’unica persona in grado di aiutarci stava aggrappata ad una zattera nel mare gelido, guardando un tunnel con la luce da una parte e le voci dei dottori in sala operatoria dall’altra.

Fui costretto a diventare il padre dei miei genitori.

Tutto quello che mi avevano insegnato irruppe violento nel mio destino. Cercai da qualche parte una cabina del telefono, vi entrai e strappando la camicia di adolescente cresciuto, fui costretto a trasformarmi in un uomo. Da Clark Kent divenni Superman.

Imparai il vero significato di “problem solving”. Nel senso che, se non avessimo avuto la capacita’ di risolvere la situazione bene e immediatamente, mio padre sarebbe morto. Mia madre in mano ai dottori, mio padre in mano a noi.

Tick tack, tick, tack...reagisci, agisci, decidi. Cercammo tutti un Dio che pregammo e maledimmo. Il libero arbitrio, il caso, il destino... tre aspetti che vorticosamente presero in ostaggio le menti in un mulinello di consapevolezza e fede delle volte al contrario.

Ci mettemmo circa un mese, ognuno facendo la sua parte, ma portammo a casa un risultato incredibile.

Rovistammo in ogni cassetto dei miei nuovi figli e, per la prima volta in vita mia, benedissi la precisione maniacale di mia madre. Trovammo appunti dettagliati su qualsiasi cosa. Tutto era dove era logico che fosse.

Contattammo tutti i dottori trovati nell’agenda magica di mia madre, venimmo a capo di qualcosa come un piano di venti medicinali al giorno, tutti in orari collegati tra loro, gestiti da ben tre piani terapeutici divisi in tre strutture mediche diverse. Capimmo realmente cio' che mamma stava facendo per mio padre. Si era completamente annientata per assisterlo. Rabbia e ammirazione pervasero i nostri cuori. Dove era il confine tra essere cristiani, tra amare fino alla morte e il rispetto della vita stessa che Dio ha fatto in modo ci arrivasse? Un fiume con due emozioni come sponde:

quello ero io.

Per gestire mio padre fu necessario ingaggiare tre moschettieri. Hector, Giulia ed Allyson, rispettivamente badante h24, segretaria gestionale dei piani terapeutici e assistente alle pulizie di casa.

Passammo un mese nella tempesta. Mamma entrava ed usciva dalla terapia intensiva. Passava da un viaggio di sola andata con Beatrice e Dante ad uno di ritorno con Adriana di Rocky. Quando i dottori ci dicevano che forse ce l'avrebbe fatta, immaginavo il suo risveglio come nella mia scena preferita dell'intera saga di Rocky. Quella in cui Adriana si sveglia dal coma, guarda Rocky e gli dice che vorrebbe che lui facesse una cosa per lei. Gli dice "Vinci"...

Anche Dana, Iulia ed Alex vennero nella tempesta con me. Proprio accanto a me. A Roma. Ognuno fece la sua parte, anche non sapendolo.

Dopo un po' il maltempo sembro' placarsi. Hector fu istruito a dovere, I piani terapeutici erano sotto controllo e la pulizia di casa era garantita. Mamma ancora lottava guerre di silenzi, ma in quelle battaglie avevamo un ruolo da spettatori e non da attori al momento. Eravamo nelle mani dei dottori che a loro volta erano nelle mani di Dio.

Dopo circa quattro settimane, fui quindi in grado di tornare dai “miei” ragazzi a lavoro. Dopo quello che avevo passato, quello che mi sembrava un lavoro complicato assunse connotazioni molto più rassicuranti… In fondo cosa altro poteva capitarmi di più difficile?

Detto fatto. Il referente primario si infortuno’ ed il suo vice si ammalo’.

Simultaneamente.

In pratica, mi ritrovai da terzo referente/jolly a referente unico di circa 75 persone, con un padre malato lontano 600km e una madre in coma.

Sembrava di essere come in un film, anzi mi sentivo parte di un trailer, dove tutti gli avvenimenti si susseguono velocemente tra musiche ad effetto e primi piani ammiccanti.

Il film vero e proprio sarebbe uscito molto presto nelle sale...

Era la resa dei conti. Il tempo per le domande era finito.

Il mio modo di concepire la leadership avrebbe funzionato o sarei stato mangiato?

Nessuno dei miei superiori credeva pienamente che io fossi pronto a gestire la situazione e questo mi diede quel boost che fece la differenza.

Quello che non ti annienta ti fortifica.

I ragazzi e me da quel momento fummo una sola cosa. Qualcosa di magico era nell’aria. Tutto funziono’ alla perfezione. Loro colmarono le lacune logistiche che ovviamente ancora avevo, e io gli davo l’anima in cambio. Fu una guerra in trincea senza esclusioni di colpi; un solo "noi" contro tutto e tutti, sempre dividendo a meta’ il cuore con l’incubo che stavamo vivendo insieme a tutta la mia famiglia.

Ricordo che gli unici momenti di pace li trovavo la sera, tra le carezze di mia moglie, accovacciato in grembo su di lei.

Figlio di mia moglie e padre dei miei genitori.