sabato 19 novembre 2022

MANI SPORCHE

 



Mani sporche.

Spesso mi sono ritrovato a guardare mani. Le mie e quelle degli altri.

Le mani narrano storie senza voce.

Io detesto avere mani sporche. Lo detesto.

Eppure in questi tre anni le mani sporche mi hanno portato al DOVE sono in questo momento, e soprattutto al COME sono in questo momento e, dannazione, ne sono fiero!

Ricordi, molliche di vita su tavola sempre e, nonostante tutto, bianca.

Flash di questo incredibile periodo mi vengono a cercare e oggi ho deciso di farmi trovare.

Essere Corriere ha rappresentato una nuova sfida, l’ennesima. Ricordo che non sapevo nemmeno guidare un furgone. Non conoscevo il territorio ne il mestiere.


Io e le mie mani pulite spesso in guanti bianchi, ci siamo ritrovati davanti ad una realtà ruvida, fottutamente pratica e spietata.

Il mio essere "Hilton" doveva radicalmente cambiare.

Niente più giri di parole, falsi servilismi. Nella logistica tutto è diretto, veloce e pragmatico, come un buon Amarone: niente scorciatoie... lo assapori e il tannino ti porta dove vuole lui.

Delle volte, tuttavia, capita che il fato ti serva sapori diversi ed è questo, anche se raro, che in realtà ha fatto la differenza nella mia esperienza.

Ricordo quella volta che, per consegnare uno stendino in un posto dimenticato da Dio, chiesi delle indicazioni ad un operaio che stava scavando con la ruspa. C'erano quaranta gradi, il suo viso era nascosto tra rughe nere come la notte. Quando l'ho distolto dal suo lavoro mi è parso di averlo quasi svegliato da una specie di torpore figlio di malinconia, sogni a metà e sudore. Mi ascolto', si rese conto che per raggiungere il posto che cercavo avrei dovuto cercare un paio di monete da dare a Caronte perché, con quel caldo e con tutta quella strada in salita da fare, è nell'inferno che sarei dovuto scendere...

Cosi, smise di scavare e porto' la pala meccanica fino a me. La cosa era talmente inverosimile che funziono'. Lo stendino ed io entrammo nella "grossa mano di ferro" e insieme raggiungemmo la destinazione della signora dai panni bagnati in mano grazie al passaggio più bello di cui mai ho goduto. La logistica è cosi'. Sporca e faticosa, ma con delle sfumature di vita vissuta, di vita dal sapore vero che ti fanno sorridere, che ti aprono il cuore e sanno cambiare da salato a dolce il sapore di sudore che invadente bacia labbra aride.

Ricordo quella volta in quel buio pomeriggio di dicembre in cui mi trovai nel bosco, con la neve, per una delivery presso una baita. Dopo aver orgogliosamente consegnato, credo una stufa elettrica a quella che mi piace pensare essere stata la nonna di Cappuccetto Rosso (prima di aver incontrato il lupo) mi resi conto che non avrei mai trovato un piazzale in cui fare manovra per tornare indietro. Fui costretto ad una retromarcia di quaranta minuti in un sentiero innevato, scosceso e pericoloso come le labbra al rossetto rosso di Lolita. Anche Vodafone mi aveva abbandonato lasciando il mio fedele motorola G7 muto e stordito come un bambino in castigo. Ero solo, con un Mercedes Vito a trazione posteriore (oltretutto!) in mezzo al nulla, procedendo al contrario avendo come unici riferimenti gli specchietti laterali e il bianco della neve che rifletteva la luce della retromarcia.

Ricordo che pensai che potessi fare la fine di Paul Sheldon in "Misery non deve morire", ma poi realizzai che non ero affatto uno scrittore famoso e questa cosa, per una volta tanto, mi sollevo'...

Vito ed io, dopo quasi un ora di sospiri, manovre e sguardi complici tra gli specchietti, arrivammo sani e salvi sulla strada principale. Ricordo che scesi dal fedele Benz e mi inginocchiai nella neve mentre le quattro frecce accese lampeggiavano intermittenti tra emozioni finalmente calde.

 

Ricordo quella vota che Giulia, una bambina di circa sei anni, mi accolse come un eroe perché le avevo portato il suo regalo di compleanno… una fiammante bici di Barbie rosa.

Era li ad aspettarmi, con il viso contro il cancello a rete. Quando mi vide, si girò verso la mamma e la chiamò con tutto il fiato che aveva in corpo. Quel bel visino bimbo e paffutello ancora aveva i segni del cancello che la teneva prigioniera fino ad un attimo prima. Ancora lo ricordo, ancora sento i brividi rincorrersi sulla pelle d'oca.

In quel momento non ero un corriere. In quel momento ero un supereroe, ero un padre di una figlia che forse in un altra vita sarà la mia, ero un Babbo Natale vestito dei colori del cielo!

 Ero al centro del mondo.

Ricordo una Coca Cola regalatami dalla signora Maria, ad Agosto. C’erano quarantadue gradi, le ho consegnato un’aspirapolvere e lei, insieme ad uno sguardo da nonna… mi ha regalato quella bibita fresca che mi ha dissetato fin dentro l’anima.

Ricordo di quella volta che accettai di aspettare più di dieci minuti per un contrassegno semplicemente perché il cliente dai capelli bianchi e le buone maniere me lo chiese gentilmente. Quella gentilezza di altri tempi. Se fosse stata musica, sarebbe stata quella di un violino. A me il violino piace. Mi porta via con se in vecchi film in bianco e nero da vedere di notte, quando tutto va più piano.

 E poi ci sono loro. I ricordi dei colleghi...

Quando fai un lavoro prettamente fisico, faticoso e a volte rischioso, se qualcuno ti aiuta, ha un altro “peso”. Quando una mano sporca e stanca viene tesa per aiutare la tua, ebbene quel connubio diventa indissolubile.

Due mani stanche si stringono più forte.

Ovviamente ho stretto anche mani false, mani meschine e mani grandi grandi di uomini piccoli piccoli. Questo fa parte del gioco, di qualsiasi gioco. La cosa un pò speciale di questa storia però è che non riesco a portare rancore. Anzi.

Questa esperienza mi ha fatto benissimo. Sono diventato un incassatore. Ho imparato a lasciare andare. Ho imparato a perdonare perché è solo lasciando andare le zavorre che si è liberi di volare via.

Sudore, fatica, crampi a gambe mai allenate abbastanza, brividi di freddo, tepori di amicizie vere, sorrisi di bambini... Questo è quello di cui è fatto questo lavoro. Poi c’è il rispetto, quello vero. Quello che in certi ambienti, se lo guadagni, non lo perdi più.


lunedì 14 novembre 2022

L' UNICORNO

 


L' UNICORNO





Era il 4 maggio 2020.

Il lavoro sembrava semplice. Dovevo consegnare dei pacchi a delle persone. Lo dovevo fare velocemente e volevo farlo dannatamente bene. Dovevo imparare luoghi sconosciuti e dovevo imparare a cavalcare un destriero a quattro ruote, grande. Molto grande. Non ne sapevo nulla, ma sapevo che avrei imparato, sbagliato e imparato nuovamente, cosi fino al "vissero felici e contenti" dei racconti letti ai bimbi prima del bacio della buona notte.

Come ogni bella favola che si rispetti pero' andava scritta nella maniera giusta.

Decisi che avrei consegnato quei pacchi come se fosse stata una missione di vita. Decisi che avrei empatizzato con i miei “clienti” anche se solo per pochi secondi ognuno. Decisi che per loro non sarei stato solo un corriere, ma prima di tutto, sarei stato Daniele…il loro strano Babbo Natale vestito di blu, dall’accento romano, lo sguardo spaesato e il cuore grande.

Spesso un corriere molto bravo viene definito un cavallo. Non ho nulla contro i cavalli, ma perché essere cavallo quando si può essere unicorno? Trovare magia, metterci l’anima anche facendo un’azione banale come consegnare un pacco. Questo fu il mio obbiettivo. Gentilezza, empatia, responsabilità’, pazienza… impegno, perseveranza, gioia, sorrisi veri o veramente finti. Tutto questo mi rese uno strano corriere. Non velocissimo, ma preciso, mai banale e soprattutto coerente con il mio essere. Decisi di essere in armonia con me stesso nei limiti del buon senso ovviamente. Delle volte la gentilezza venne scambiata per debolezza e in quel caso trovai nel compromesso una risposta infallibile. Il compromesso e’ un'arte e come tale, delle volte, bisogna sapere su quale palco portarla in scena.

Essere un diverso, inevitabilmente mi pose in una condizione visibile. Nel bene e nel male.

Il mio responsabile, mi vide. Mi vide sul serio e insieme creammo una strana connessione. Lui aiutava me ed io lui. Esperienza e pragmaticità in cambio di umiltà, perseveranza e polvere di stelle.

Una nuova realtà si paleso'. Ero entrato a far parte di una strana squadra operativa composta dal mio bizzarro responsabile e il suo vice. Quest'ultimo si dimostro' una fantastica sfida. Apparentemente risulto' un tipo con un carattere impossibile. Chiuso e riservato al limite della maleducazione, ma fin dalla prima stretta di mano ebbi l'intuizione che le cose non erano proprio come sembravano. Pian piano mi resi conto di essere davanti ad una miniera d'oro. In certi casi, bisogna dover scavare, sudare e sporcarsi per raggiungere qualcosa di prezioso... ma poi, l'oro è li... dove bisogna solo saperlo cercare.

Eravamo tre persone diverse, ma complementari. Poteva funzionare e infatti funziono'... anche perché due occhi di cerbiatto vegliavano sempre su di noi. Erano quelli della nostra dolcissima ragazza addetta all'amministrazione. Tre ragazzacci e una giovanissima perla rara..."what else?"

Potevo o avrei dovuto fotocopiarmi al modo di fare di ognuno di loro percorrendo semplicemente un solco già ben impresso in un campo ben seminato,  ma non lo feci.

Non perché non abbia approvato certi modi di fare, anzi, fino a prova contraria funzionavano e il mio rispetto fu incondizionato, ma perché era venuto il momento di provare ad essere quel leader che avrei sempre voluto avere...

Mi comportai come Daniele.

Daniele, quello dalle buone maniere, quello che da fiducia fino a prova contraria. Quello che se può aiuta e se non può fa in modo di aiutare comunque. Quello che condivide, che crea motivazione. La mia missione fu quella di fare in modo che il team lavorasse con me e non per me. Che mi seguisse e che mi rispettasse per loro volere e non per loro dovere. Suonava un po’ utopico, ma tutto ciò che poi si avvera prima risuona note di utopia.

Cos’e'  un’utopia se non un sogno che alla fine non ce l’ha fatta?


Questa fu la mia nuova sfida. Saper portare sorrisi, gentilezza, motivazione e magia in un regno (non ancora) incantato.

E' mattina ormai, il mio “vissero felici e contenti” non è stato ancora scritto del tutto.

Ci sto lavorando ma promettere bene... Mi sembra di vederlo, in quell'angolo celato tra ombre di cose che non sono, ma saranno. Ha le braccia conserte e il broncio di quello che aspetta da un bel po'.

Come un vecchio giocattolo impolverato, lo abbraccio forte forte. Con lui mi dimeno in quest'alba tra anime di chi non c’e’ più’, baci di regina e cuori genitori.