sabato 17 dicembre 2016

UNA CAREZZA

SABATO 17 DICEMBRE 2016

Una carezza

Questa notte è qui con me, è qui per me. Non poteva essere diversamente questa volta.
Ho finito di trascrivere il mio diario sul blog. Da questo momento sono “live”. Diretto, come il sangue che esce quando ti tagli, come quel brivido che arriva senza un perchè.
Cercavo il momento giusto, ma è il momento che ha invece trovato me. Ho appena finito di vedere un bellissimo film “Scusate se esisto”. Una commedia con Raul Bova e Paola Cortellesi che mi ha dato ciò che non mi sarei aspettato. Mi ha smosso dentro. E' straordinario quando succede e devi prendelo questo benedetto attimo. Devi cavalcarlo, perchè solo cosi riesci ad essere vero.
Sono quindi qui, a guardarmi alle spalle, per raccontarmi ancora.
E' passato un anno da quando ho alzato la testa, da quando ho detto: “No!”. Da quando ho deciso di combattere per andarmi a riprendere quell’immagine riflessa nello specchio che ormai non ricambiava più gli sguardi. Quelli veri. Quelli a cui non puoi sfuggire se sei uno come me.
Ho combattutto. Dio se ho combattuto! Ho incimapato, sono caduto, mi hanno ferito, sporcato, infangato. Ma non mi hanno avuto. Mi sono rialzato, medicato, pulito. Sempre. Hanno perso.
Ho scoperto di non essere invincibile e per questo, ora, mi ci sento davvero.
Era marzo 2016. Dana aveva trovato lavoro. Pian piano le cose si iniziavano a sistemare.
Mancavano solamente le risposte alle mie tante candidature per smettere di essere felici a metà.
Bene!... quelle risposte non sarebbereo mai arrivate. Ho imparato che, certe volte, le risposte importanti arrivano comunue. Anche se non fai le domande.
Vagando su Facebook infatti, un post mi venne a cercare. Una certa Francesca, proprietaria di un ristorante Italiano in Amsterdam, si lamentava su come fosse difficile trovare qualcuno serio e volenteroso su cui poter contare. Qualcuno che avesse veramente voglia di lavorare.
Quel post cambiò la mia vita. Io risposi e Francesca mi concesse un colloquio.
Mio Dio! Ancora ho la pelle d’oca se ci ripenso! Un colloquio di lavoro dopo 15 anni. Stavo combattendo una battaglia per la conquista di un posto come cameriere, eppure nella pancia quel lavoro era tutto! In quel momento avevo bisogno di un nuovo inizio, e il mio nuovo “me” doveva passare da li.
Quella volta Francesca non la incontrai. Mi accolsero due suoi collaboratori.
Mi sentii subito “a casa”. Tutti i discorsi che mi ero preparato rimasero muti. Condussi quell’intervista nudo come lo stupore di un bimbo. Raccontai la mia storia, senza mezze verità, mezzi termini. Senza mezze misure. “Le mezze misure sono fatte per le mezze persone” pensai. Per fortuna trovai dall’altra parte la sensibilità e la sagacia di due uomini straordinari che seppero guardare e ascoltare, oltre che  vedere e sentire.
Fui assunto. Finalmente una porta si era aperta. Finalmente!
Il coltello che mi misi tra i denti non lo avrei mai più posato...
Imparai a gestire come un gueriero ogni tipo di emozione. Rabbia, frustrazione, senso di inadeguadezza, felicità, tristezza. Orgoglio ferito, riflesso in un wc da pulire a fine turno; soddisfazione per i primi complimenti dei clienti; dignità nello scoprirmi tenace, tosto. Vivo.
Persi 10 kg tra le scale del locale, migliorai l’inglese, imparai un mestiere e conobbi un mondo di cui andare fiero. Un mondo fatto di gente vera. Ho conosciuto storie che fanno battere forte il cuore tricolore. Ragazzi che sono andati via per andarsi a prendere quella meritrocrazia che troppo spesso in Italia viene soffocata, violentata, ammazzata da coloro che dovrebbero difenderla.
Conobbi Francesca. Anzi, conobbi la persona che Francesca mi volle far credere di essere.
Leader, imprenditrice di successo, sempre “sul pezzo”, sempre pronta a spronarti, spesso in una maniera che ha messo a dura prova la sensibilità di cui la mia anima è pregna. Un sergente di ferro insomma. Una macchina da guerra!
Con lei la definizione di “tirare fuori le palle” ha assunto una nuova connotazione per quanto mi riguarda. A lei devo la mia nuova tempra, a lei devo il mio nuovo inizio.
Il tempo poi, mi ha fatto un bellissimo regalo. Conoscendola, ho scoperto che dietro al sergente di ferro, c’è una bellissima persona dalla sensibilità almeno pari alla mia. Una donna straordinaria che ha dovuto imparare a mettersi su un’armatura per combattere i demoni che spesso ha dovuto affrontare. 

E’ ancora notte. Ricordi ed emozioni sono ancora qui con me, sornioni e puttane.
Il racconto del mio primo lavoro della mia nuova vita l’avrei immaginato diverso. In toni scoppiettanti magari! Colorato, vivace, irriverente. Invece, quello che mi ha risposto il cuore ha colori caldi e delicati. Questa esperienza ha lasciato tra le pieghe delle mie figlie anime qualcosa che va al di là dell’esperienza stessa.
Mi è stata data fiducia, mi è stato concesso un nuovo inizio. Tutto questo è caldo, piacevole al di là di ogni difficoltà, di ogni discussione. Tutto questo è come una carezza.

lunedì 31 ottobre 2016

Ho sposato un'erbaccia!

 02/02/2016

 Ho sposato un'erbaccia!


Detta cosi’ “suona” come una schifezza, ma non lasciatevi ingannare.
L’erbaccia, a differenza dei fiori fichi e ricercati, cresce ovunque, dura una vita, resiste alla siccità, alle inondazioni, al caldo, al freddo e in primavera fa anche dei bei fiorellini!
Ecco, Dana, mia moglie, 17 anni fa è venuta in Italia e ha trovato me, lavoro, comprato case, preso patente, diventata mamma e chiesto cittadinanza. Senza i genitori, senza la sua famiglia, senza soldi e senza amici.
Poi, siamo venuti in Olanda e che cosa sta succedendo? Esattamente la stessa cosa!
Si è praticamente “ripiantata” e sta crescendo... fino a che le spunteranno dei fiorellini in testa... magari in primavera... per i suoi 40 anni.
Oggi ha fatto il suo primo colloquio “estero” presso la societa’ dove lavora Raluca, la nostra amica. La posizione prevede un lavoro di telemarketing per il mercato Italiano ed Est Europeo. Nulla di pazzesco... ma “Dio se ne abbiamo bisogno!” Lei questo lo sapeva ed immagino la pressione con cui deve aver vestito gli abiti delle sue emozioni durante l’intervista. Conosco quella sensazione. Ho già indossato quel tipo di abbigliamento: è dannatamente scomodo.
Colloquio in inglese. Conoscendola, anche se preparata, si sarà sentita come un soldato che va incontro ad un carro armato con in mano solamente una pistola. Ad acqua...
So che è insicura di se stessa, che è introversa, che odia queste situazioni e probabilmente il lavoro per il quale sta combattendo non è annoverato tra i sogni della sua vita... Ma lei è andata. Si è messa persino gli stivali con il tacco. Trucco velato in viso, Jeans attillati e maglioncino sobrio. Molto bella.
Il tempo trascorso da quando l’ho lasciata a quando l’ho ripresa dopo il colloquio sembrava essersi fermato. Tipo quando nei migliori film di fantascienza il protagonista “fico” riesce a fermare il tempo ed essere l’unico in grado di muoversi con tutti freezati...
Ero sicuro che sarebbe andata bene... La conosco, ma il tempo non passava mai!
Poi eccola, pistola ad acqua scarica in mano, sorriso beffardo, sguardo orgoglioso, voglia di togliersi i tacchi e dire quello che volevo sentire... ”E’andata bene!”
Uno squarcio di sole ci ha investito... Un classico del cinema... avete presente il raggio di sole che improvvisamente scende dal cielo, di solito accompagnato da musica celestiale, che illumina il tizio fortunato che subito dopo ha una” botta di culo clamorosa”? Ecco, una cosa del genere...
Certe emozioni possono cambiare età e nazione come una donna possa cambiare scarpe o colore dei capelli... ma alla fine, quel brivido sulla schiena che ti fa venire la pelle d’oca non ha nè luogo nè tempo. E’ semplicemente figlio di te, della tua storia. E’ nei tuoi respiri, dentro ogni sguardo, dietro ad ogni sorriso, insieme ad ogni emozione che ti fa innamorare dei bellissimi fiorellini che spesso nascono dalle erbacce...


mercoledì 28 settembre 2016

La cazziata

28/01/2016

La cazziata



Nel club di coloro che mi hanno giustamente “cazziato” e’ entrata con merito mia moglie.
Zitta zitta, calma calma, si e’ trasformata da moglie paperotta in moglie cinghiale selvatico quando ha saputo che mi ero offerto come “autista tutto-fare” su qualsiasi gruppo Facebook di Italiani in Olanda e che mi ero anche candidato per fare pulizie in hotel in orari assurdi...
Mi ha ricordato il mitico “Hulk” nella serie degli anni ’80! Peccato non si sia strappata i vestiti di dosso... poteva diventare interessante! ...E per fortuna non ha neanche assunto quel colore verde pisello un po’ vintage... Si e’ solo incazzata tipo Giovanna Mezzogiorno nella scena di quando scopre che il marito la tradisce nel film “L’ultimo bacio” di Muccino.
Mi dice chiaramente che usare il tempo per questi lavori (rispettabilissimi) sarebbe stato solo tempo buttato per noi e per il nostro progetto. Anche se nell’immediato avrei avuto la possibilita’ di racimolare qualche soldo, non avrei ipotecato nulla per il futuro. Effettivamente ancora non siamo “alla canna del gas” economicamente... ed effettivamente e’ molto piu’ logico investire il proprio tempo che buttarlo. Migliorare l’Inglese, imparare l’Olandese, cercare un lavoro a contatto con il pubblico. Questo sarebbe ricostruire nuovamente se stessi. Tracciare una rotta per andare dritti verso il sogno! Questo e’ il punto. 
Se ne e’ uscita con una frase da Bacio Perugina: “Cercare un piano B, distrae dal compiere il piano A”.
Cosi’, neanche rendendonese conto, ha scalzato dalla vetta della speciale Top Ten dei Cazziatoni Sacrosanti, anni e anni di permanenenza di mia madre per quella volta che rovinai le scarpe nuove, di mio padre per quella volta che rubai dei puffi ad una bambina e di quel poveraccio del professore di elettrotecnica per quella volta che risposi “un circuito corto” alla richiesta di definizione di “corto circuito”.
E io, come un malconcio pistolero del West caduto in terra dopo un cazzottone, mi sono rialzato, dato pacche ovunque per scrollarmi la polvere da dosso, aggiustato il cappello e cercato il revolver.
Musica di sottofondo di Morricone, sole in faccia, balla di fieno che rotola spinta dal vento... ho aperto il caricatore, lasciato cadere le pallottole a salve e ho ricaricato con quelle vere.

Ero nuovamente pronto al duello. 
Ero nuovamente nel mio piano A!

giovedì 11 agosto 2016

Sussulto...



17/01/16
Sussulto...

Oggi c’era il sole. Ma il sole sole! Quello che ti metti su i Ray-Ban!
Dato l’evento, siamo usciti dal nostro “guscio” come quattro lumachine... e siamo andati a passeggiare per le strade della “nostra?” Leiden. Siamo stai molto bene. Vie, viette, viuzze, canali, ponti, negozzietti tipici, biciclette, biciclette e ancora biciclette, bella gente. Odore di legna bagnata e bruciata. Gabbiani che garriscono, bimbi che corrono e spesso garriscono anche loro!
Mentre ero li ad autoconvincermi che ne valeva la pena essermi cacciato in questo casino,  perche’ il posto sembra uscito da un quadro di Rembrandt, mi sono inbattuto in Eugenio Montale.
In pieno centro, scritta sul muro di una casa, ho letto "Non chiederci la parola”, ode di Eugenio Montale tratta da “Ossi di Seppia”.
Detto tra noi, Eugenio non era stato fin’ora esattamente un mentore, piuttosto riposava in quei pertugi dell’anima dove si tengono ricordi confinati chissa’ perche’ in una mediocrita’ che poi in fondo non meritano.
Ebbene, quel muro di Leiden con epigrafata arte Italiana, mi ha donato un sussulto. E’ stato come incontrare un vecchio compagno di scuola che non si vede da anni.
Io, che in quella passeggiata stavo cercando risposte, ne ho trovata una. Lasciata per me in un appuntamento senza tempo.

 Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”


Mi sono sentito orgoglioso del mio sangue tricolore. Sangue di passione, ingegno e poesia. Sangue e anima che hanno fatto la storia.
Cosi, Eugenio ed io, fieri come non mai, siamo andati in giro tutto il giorno, fino a che il sole ha accompagnato odi, domande e risposte nel suo tramonto arancione... una specie di carezza di mamma prima di andare a letto.

sabato 16 luglio 2016

Papà

Papa'

Leiden, 15 Gennaio 2016


Papà


Bene, il 2016  è iniziato con il piede giusto.
Sono due settimane che cerchiamo di sistemare la nostra vita Italiana chiusa nei 45 scatoloni appena portati da Roma nella nostra nuova vita Olandese...
E’ stata dura, ma ce l’abbiamo fatta! Abbiamo ricreato il nostro nido. Dentro un nido non nostro.
Qui e’ diventato territorio italiano! Ho pensato anche di marcarne il perimetro, ma poi ho immaginato la faccia del vicino Olandase mentre "pisciavo" sulla porta...e ho lasciato perdere :-). Qui e’ semplicemente roba nostra, il luogo dove ripararci e sentirci una famiglia “normale” dove poter ricostruire una routine di cui proprio abbiamo bisogno.
Nel caos del trasloco una sensazione su tutte ha preso il sopravvento. Totalmente inaspettata ha bussato alla porta del mio cuore la mancanza di mio padre.
Non so se queste righe troveranno mai il coraggio di andare a trovare mio padre.
Non so cosa possa essere giusto o sbagliato in questo momento.
Sta di fatto che fino ad ora, per colpe che non voglio attribuire, io e mio padre non abbiamo avuto un rapporto che fosse andato al di là dell’ordinario. Del minimo sindacale direi.
Potrebbe essere stata colpa mia, o sua, o di entrambi.
Potrebbe essere andata cosi semplicemente perche’ e’ cosi che doveva essere.
Ero ormai rassegnato a vedere la nostra relazione in maniera passiva. Non potevo e forse non volevo andare oltre.
Poi me ne sono andato via. E lui è voluto venire con me. Nel senso che oggi, come non mai, lo sento vicino. E’ presente attivamente in gran parte delle chat skype, sento che quando parlo con la mamma al telefono e’ li ad interessarsi, a preoccuparsi.. a fare finalmente il padre. Gli abbracci che ci siamo dati prima della mia partenza hanno squarciato la tela del nostro rapporto. E’ come se questo tipo di abbraccio, forte, profondo, vero, avesse ridipinto il nostro quadro. Lo avesse trasformato da una banale immagine di padre e figlio a tavola, con colori tenui e freddi, in un altro, dove viene rappresentata la scena di padre e figlio che giocano a palone, in un prato verde verde, con tanto sole e con lo sfondo blu. Un Blu dipinto di blu.
Non so cosa stia succedendo, ma e’ bello che accada. Forse e’ un altro strano regalo del destino.
Vado in Olanda e trovo mio padre...